All’inizio del XX secolo, le parti del corpo umano sembravano dimenticate dal punto di vista sensoriale, nonché la stessa azione relativa ad alcuni organi di senso. Poi si propose uno sguardo interiore al corpo umano, per cui si evidenziò una particolare esperienza inerente agli stessi organi di senso e la percezione, nonché l’importanza delle parti del corpo e l’azione. Quest’ultima è quella che si propone a chi osserva le opere in relazione alla “pittura di memoria”1 , ovvero quella che si palesa attraverso la rappresentazione delle figure umane, le quali dovrebbero essere rappresentate composte da almeno sei parti (testa, tronco, due braccia e due gambe), oppure nel caso di un intero corpo da dieci parti, quindi comprensivo di due mani e due piedi. Invece, nelle opere, la visione del corpo umano supera le esperienze pregresse, infatti alcune presentano soltanto la testa e il tronco come ad esempio in "Nemesi" (1990/98), "L'attesa" (1990), "Le amicizie non sono spiegabili" (1991), oppure mancano di specifici organi di senso come le mani nell'opera "La sfera" (2023), in alcuni casi sono assenti i piedi come in "Partenope" (2001), in altre opere gli arti si fondono con l’ambiente come in "Sincretica (delle Arti)" (2022) o, quando il corpo è mostrato "MUD, Sarno 1998 Metropolis II" (1998), "Casa de luz" (2001), oppure manca del tutto come in "Destino Manifesto" (1993), ecc. I corpi, in particolare, come afferma la critica d'arte sono “soggetti allegorici”2. In siffatte condizioni, mancano generalmente gli arti, quindi appaiono tali da rinviare l’azione a qualcos’altro, per cui è chiaro come per la critica, sia individuabile la loro “portata simbolica”3. Pertanto, con la “pittura di memoria”, l’omissione degli arti, rievoca tale “antico” problema quasi per rafforzare l'idea di contrapposizione alla fatuità di memoria e ricordare il corpo come sede dei processi intellettivi, sensoriali e indirizzati all'azione. Nondimeno una sorta di controllo sull'azione e perciò, sulla produzione. L'idea è quella di rafforzare l'ipotesi del suo inserimento in un ambiente "virtuale" e per questo, proporre l'azione "virtuale" che è svolta da un corpo di sintesi, mentre l'attenzione ai particolari aggancia, con naturalezza, la tradizionale figurazione al senso del corpo tipizzato. È chiaro che non fu una decisione casuale, anzi, un “motivo” in più per ricordare che l’azione è tale grazie anche a quelle parti del corpo omesse e perciò, rievocare la situazione d’inizio secolo XX, servì a evidenziare, l’esigenza d’interazione tra soggetto e ambiente e ancora, il legame tra percezione e azione. Commento di Lino Ruiu, autore dell'opera "NEMESI" pubblicata sull'Atlante dell'Arte Contemporanea.
1. AA.VV. Atlante dell'Arte Contemporanea. [a cura di] Stefania Pieralice. Novara: De Agostini - Direttore editoriale Daniele Radini Tedeschi, 2021. p. 837. Critica alle opere di Lino Ruiu (Ruiu, Pasqualino).
2. Cfr. Ibid.
3. Cfr. Ibid.