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Aggiunto il 30 ago 2023

"pittura di memoria" di Lino Ruiu


All’inizio del XX secolo alcune parti del corpo umano, insieme alle azioni correlate a specifici organi di senso, risultavano pressoché dimenticate dal punto di vista della rappresentazione sensoriale. Successivamente si è affermato uno sguardo rivolto all’interiorità corporea, che ha reso centrale l’esperienza percettiva legata agli organi di senso e all’azione. Quest’ultima dimensione si manifesta con particolare evidenza nella cosiddetta “pittura di memoria”¹, in cui le figure umane, secondo una tradizione consolidata, dovrebbero essere rappresentate almeno attraverso sei parti fondamentali (testa, tronco, due braccia e due gambe), oppure, nel caso della raffigurazione integrale, mediante dieci elementi, comprensivi di mani e piedi.

Nelle opere pittoriche qui considerate, tale schema viene deliberatamente superato. In alcuni casi la rappresentazione si riduce alla sola testa e al tronco, come accade in Nemesi (1990/98), L’attesa (1990) e Le amicizie non sono spiegabili (1991). In altri, risultano assenti determinati organi di senso o parti del corpo: ad esempio le mani in La sfera (2023) o i piedi in Partenope (2001). Talvolta gli arti si fondono con l’ambiente circostante, come in Sincretica (delle Arti) (2022), mentre in altre opere il corpo è raffigurato in modo parziale o frammentario, come in MUD, Sarno 1998 Metropolis II (1998) e Casa de luz (2001), o addirittura risulta assente, come in Destino Manifesto (1993).

La critica d’arte ha interpretato tali corpi come “soggetti allegorici”², sottolineando come l’assenza o la riduzione degli arti non equivalga a una semplice omissione formale, ma rinvii a una precisa “portata simbolica”³. La “pittura di memoria” sembra dunque riprendere un problema già avvertito agli inizi del Novecento: la necessità di contrapporsi alla precarietà del ricordo, riaffermando il corpo quale sede dei processi intellettivi, sensoriali e orientati all’azione. L’omissione diventa, in questo senso, un dispositivo critico e riflessivo, che agisce come forma di controllo sull’azione stessa e, di conseguenza, sulla produzione artistica.

Tale impostazione favorisce inoltre l’ipotesi di un inserimento del corpo in un ambiente “virtuale”, nel quale l’azione si configura come “azione virtuale” esercitata da un corpo di sintesi. La cura del dettaglio consente di mantenere un legame naturale con la tradizione figurativa, orientando la percezione verso un corpo tipizzato. Non si tratta, dunque, di una scelta casuale, bensì di un motivo intenzionale volto a ricordare come l’azione si definisca anche attraverso quelle parti del corpo che l’artista sceglie di non rappresentare. In questo modo, la rievocazione della problematica di inizio Novecento mette in evidenza l’esigenza di una costante interazione tra soggetto e ambiente, nonché l’inscindibile connessione tra percezione e azione.

Commento di Lino Ruiu, autore dell’opera Nemesi, pubblicata sull’Atlante dell’Arte Contemporanea.

1. AA.VV. Atlante dell'Arte Contemporanea. [a cura di] Stefania Pieralice. Novara: De Agostini - Direttore editoriale Daniele Radini Tedeschi, 2021. p. 837. Critica alle opere di Lino Ruiu (Ruiu, Pasqualino).

2. Cfr. Ibid.

3. Cfr. Ibid.


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